Settimanale di informazione sulla periferia di Catania
Librino Pigno San Giorgio Villaggio Sant'Agata Zia Lisa ...e dintorni
cronaca quartieri archivio la città dalla stampa libera avvisi&annunci lavori in corso chi siamo collegati collabora pubblicità

“Adesso sparate su tutti”

venerdì 2 luglio 2010, di Natya Migliori

Vota quest'articolo
voti:1

  • Digg
  • Del.icio.us
  • Facebook
  • Google
  • Technorati
  • Live
  • Scoopeo
  • Wikio
  • Furl
  • Blogmarks
  • Reddit
  • Mister wong

“Adesso sparate su tutti”.
Recita così lo striscione che alle 20.30, in piazza Dante a Catania, sovrasta il raduno spontaneo dei
catanesi, sdegnati dalle pallottole che in pieno giorno ed in pieno centro storico, a due passi della
Facoltà di Lettere e Filosofia, hanno colpito la studentessa Laura Salafia, 34 anni, originaria di
Sortino, riducendola in fin di vita.
Un regolamento di conti, come presumono la squadra mobile e la Dda di Catania, fra i clan
Santapaola e Zuccaro. Le pallottole erano infatti dirette su Maurizio Gravino, 40 anni, esponente dei
Zuccaro, a sua volta gravemente ferito.
Un “classico”, che questa volta piomba però su chi con la mafia ha solo condiviso la sua terra natìa.
E che, con altrettanta ferocia, ferisce il concetto stesso di libertà, proprio nella giornata in cui a
Roma, in tutta Italia, sul web, si manifesta contro la negazione del diritto all’informazione, della
legalità, della verità. Proprio nella giornata in cui Roberto Saviano, da piazza Navona, tuona contro
la gente di “malaffarre” e le osannazioni di dell’Utri verso l’”eroe” Mangano.

Eppure, mentre Laura lotta fra la vita e la morte, le coscienze della città che dicono “no” al
malaffare e alla mafia si sono mosse, spinte da un tam tam dal basso, diramato da Facebook e
Tweteer, dalle radio, dai portali e dalle web tv indipendenti, per incontrarsi sul luogo della
sparatoria. Armate sì, ma di megafono, striscioni e rabbia.

Tra la folla qualche esponente politico, diversi rappresentanti sindacali, molti insegnanti
universitari, ma soprattutto studenti.

“E’ inquietante che tutto ciò sia avvenuto proprio oggi – commenta Angelo Villari, segretario della
Cgil del capoluogo siciliano- e per di più in un orario insolito per un attentato di mafia, mentre
centinaia di studenti, come Laura, andavano e venivano dalla Facoltà. Il timore di noi cittadini e
degli inquirenti è che si possa trattare di una ripresa dell’attività mafiosa. Lo scorso 24 giugno,
d’altronde, è stato assassinato un membro dei Santapaola e questa mattina una seconda sparatoria ha
coinvolto un altro quartiere periferico.”

“Non si può omettere -aggiunge Pina Palella, anche lei esponente della Cgil- che quanto è avvenuto
oggi si inquadra in una situazione catanese sempre più disastrosa, in cui il senso civico e i valori
vengono a mancare, mentre predominano il disagio, la crisi, l’assenza di certezze o prospettive.
Catania rischia di diventare un far west. Solo un moto reale di sdegno generale può salvarla.”

Anche fra la gente dell’Antico Corso, si insinua la paura che tornino gli anni di fuoco,
che si ripresenti quel decennio, fra l’80 e il ’90, in cui la faida dei “cursoti” insanguinava le strade
del quartiere, persino sotto gli occhi degli studenti dei vicini Liceo Classico e Scientifico.
“Non mi chieda niente -ribatte l’anziana proprietaria del tabaccaio di zona- non si vedevano cose del
genere da vent’anni!”

La stessa paura si legge negli occhi e nelle parole dei colleghi di Laura.
“Come possiamo stare tranquilli pensando di uscire per dare un esame e rischiare di non tornare
più?”, afferma Edoardo, ex studente in Lettere.

“La facoltà di Lettere -aggiunge Sergio, studente in Medicina- è un luogo di studio, ma anche di
ritrovo. L’agguato è avvenuto intorno alle 12.30, quando tantissimi colleghi, la maggior parte fuori
sede, si trovano qui per studiare o per pranzare in compagnia. Chiunque di noi potrebbe essere al
posto di Laura.”

“La giornata di oggi dovrebbe essere dedicata alla libertà -incalza Flavia, studentessa di Lettere- ma
ma qui stiamo vivendo il controsenso di non esser liberi neanche di andare in Facoltà.
Forse è vero che di libertà ce n’è fin troppa. Però è affidata alle persone sbagliate, che si possono
permettere di andarsene in giro a sparare in pieno giorno. Chi pensa a proteggerci?”

“Se la violenza torna dopo tanti anni sulle strade dobbiamo chiederci cosa stia succedendo -sostiene
Luca Cangemi, segretario regionale del PRC Sicilia-. Da anni assistiamo a Catania ad un degrado
sociale, civile e morale che parte da chi la guida. Per di più c’è una presenza capillare della mafia
nel tessuto sociale e nell’economia.
Un’inversione di rotta non può venire però da chi è al potere. Deve venire dalla gente, come sta
avvenendo stasera. Deve venire dal basso un’onda di cambiamento che travolga anche chi sta in
alto.”

Eppure l’onda dal basso a Catania non è nuova e da decenni fornisce un importante contributo alla
lotta alla mafia.

“Sono tante a Catania le realtà –sottolinea, Emanuele Feltri, esponente del Centro Popolare Experiache
da anni lottano per scongiurare episodi come questo, strappando manovalanza alla mafia,
facendo volontariato per togliere dalla strada i bambini dei quartieri a rischio. Nonostante ricevano
spesso in cambio, come di recente è successo al Centro Experia, solo manganellate e insulti.
Dobbiamo continuare a credere nel cambiamento per il bene della città, dei suoi abitanti, dei suoi
bambini. Dobbiamo continuare a rimboccarci le maniche. Oggi insieme a sdegnarci, domani
insieme a lavorare.”




I più letti

SetteGiorni