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Fiorisce la Thamaia contro le violenze

venerdì 12 settembre 2008, di Genny Mangiameli

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La Tamaya simboleggia la rinascita e l’attaccamento alla vita: secondo una leggenda incas è il nome di una pianta nata dal pianto disperato di una donna stuprata e abbandonata. Da questa leggenda trae il nome l’associazione che gestisce un centro antiviolenza.


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Abusi, violenze, maltrattamenti e stalking, tanti termini un solo comportamento quello di chi minaccia gravemente la dignità di un essere umano, ledendolo nell’integrità fisica e psicologica.Vittime privilegiate di tali comportamenti sono quasi sempre le donne e questi sono fatti che, purtroppo, accadono più spesso di quanto non crediamo. Parliamo della violenza sulle donne! Fino a qualche anno fa non si osava neppure pronunciare insieme queste due parole: violenza e donne. Qualcosa, per fortuna è cambiato.

A Catania dal 2001 esiste l’ Associazione Thamaia Onlus un vero e proprio centro antiviolenza che si prende carico di quelle sofferenze che pochi hanno saputo accogliere per mancanza di conoscenza e sensibilità verso il problema. Abbiamo incontrato una delle socie fondatrici, Pina Ferraro, Assistente sociale in sevizio alla questura di Catania, la quale grazie ai suoi studi ha trovato in un paese come la Spagna la possibilità di capire come poter intervenire nel nostro territorio a supporto delle donne oggetto di violenze. Partiamo dal nome.

Tamaya è il nome di una pianta che, narra una leggenda incas, nacque nel deserto dal pianto disperato di una donna stuprata e abbandonata. “A noi piacque l’idea di lasciare il nome dell’Associazione antiviolenza visitata a Barcellona durante il nostro viaggio-studio per l’Università di Catania - ci confessa Pina - perché la Tamaya simboleggia una rinascita ed un attaccamento alla vita anche per chi dalla vita ha ricevuto solo umiliazioni e non crede di potersi riscattare più”. Rinascere si può, ma occorre tanto lavoro e qualcuno che sia in grado di aprire nella mente di queste donne la consapevolezza che quello che è accaduto loro non deve essere subito perché “è stato sempre così”. “Non esiste - continua la Ferraro - una tipologia di vittima che accetta tutto questo: non c’entra il livello culturale, sociale o economico e neanche l’educazione ricevuta”. Il fattore che incide principalmente sull’accettazione di tali abusi è, piuttosto, legato ad un fatto culturale. “Dalle donne che si rivolgono al nostro centro emerge, prima o poi, che si preferisce tacere agli abusi subiti per anni perché si è convinte che il ruolo di una buona moglie, compagna o madre sia questo: subire, subire e subire in silenzio.”

Il servizio che il centro offre comincia con il call-center attraverso il quale si fa una prima analisi della domanda. Spesso le donne che telefonano lo fanno in preda alla disperazione e magari fissano un appuntamento senza poi rispettarlo. Per chi decide di presentarsi inizia la seconda fase costituita da un colloquio psico-sociale condotto da operatrici esperte nella relazione d’aiuto, tra cui educatrici, assistenti sociali, psicologhe, avvocati. Da qui parte una progettualità individuale che mira in tutti i casi a ristabilire un equilibrio personale e sociale nella donna da aiutare. “Lavoriamo con tutte sul recupero dell’autonomia e della consapevolezza di sé in stretto legame col territorio in cui vivono- conclude Pina- diversificando la tipologia di intervento in base al caso specifico”. C’è chi necessita di consulenza legale, chi di quella psicologica e nei casi più delicati si attiva l’accoglienza in case ad indirizzo segreto per sradicare totalmente la persona dal contesto malato in cui vive. Per tutte si prevedono verso la fine del percorso degli incontri di psicoterapia di gruppo. A conclusione di ciò arriva l’inserimento nella realtà ma con una nuova consapevolezza.

Attualmente il centro Thamaia sta vivendo un momento di crisi perché mancano i finanziamenti a supporto delle attività nel territorio.Per sapere come aiutarla contattate i numeri dell’associazione, e daremo una speranza a quel grido disperato del deserto sudamericano.




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