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La piazza all’ombra del campanile

lunedì 16 febbraio 2009, di Massimiliano Nicosia

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Periferia Sud: 80.000 abitanti, 9 parrocchie, nessuna scuola superiore. A Librino non esiste un centro giovanile gestito dal Comune o dalla Provincia, le strutture sportive presenti sono pressoché in stato di totale abbandono. Delle masserie sparse a Librino, quelle che sono state ristrutturate, sono state per lo più assegnate a parrocchie o enti religiosi; nessuna di queste è attualmente gestita da una realtà locale che non faccia riferimento ad enti religiosi.

La masseria San Giorgio, costituita nel complesso da una villa a due piani e da altri 3 edifici, è stata ristrutturata ad aprile del 2007. I lavori di ristrutturazione hanno permesso di recuperare la cantina ed adeguare gli impianti alle normative di sicurezza; in questa occasione è stato inoltre installato l’impianto di illuminazione interno alla struttura e realizzata una nuova pavimentazione. Il tutto per un costo di 120 mila euro. La masseria, al termine dei lavori, è stata immediatamente assegnata alla parrocchia Padre Pio da Petralcina retta da don Pietro Galvano.

Un’altra masseria, anche questa ristrutturata, è affidata dal comune in comodato d’uso alle Figlie di Maria Ausiliatrice di viale Grimaldi, la comunità di suore salesiane che l’ha ribattezzata "Casa Nazaret" e ne ha fatto la sede dell’oratorio Giovanni Paolo II.

Sempre ad una chiesa, ma stavolta evangelica, è affidata la masseria Castagnola situata nell’omonimo viale.

Un caso a parte è rappresentato dalla vicenda della masseria Villa Fazio del quale i nostri lettori abituali dovrebbero ormai essere a conoscenza. L’antica masseria, ristrutturata negli anni ’90 ed adibita a campo sportivo, è stata, in quegli anni, simbolo della vitalità del quartiere sotto la gestione di un gruppo di associazioni. Nonostante l’ottima gestione di quegli anni la struttura venne successivamente assegnata alla parrocchia del borgo antico di Librino (parroco don Lo Cascio), fatto doppiamente strano: intanto perchè sembrava logico che, vista la precedente esperienza virtuosa, la struttura continuasse ad essere gestita dalle associazioni, e poi perché geograficamente villa Fazio ricade nel territorio della parrocchia Risurrezione del Signore (in quegli anni guidata da don Coniglione). Ma evidentemente le "logiche" che valsero nell’assegnazione non furono quelle geografiche ne tantomento quelle logistiche. La struttura, consegnata a don Lo Cascio, venne di fatto inutilizzata, abbandonata a se stessa, e infine vandalizzata.

Il caso Villa Fazio rappresenta in maniera chiara il complesso che la politica catanese ha nei confronti del "campanile". Il mese scorso il senatore PD Enzo Bianco, nel corso di una conferenza stampa nella quale ha illustrato dieci punti per rilanciare Catania, ha rispolverato proprio il progetto di Villa Fazio suggerendo di rimetterla in sesto e affidarne la gestione, ancora una volta, alle parrocchie (stavolta però coordinate dal Coni). Sembrerebbe strano, se non ci fossero interessi fortissimi della curia a continuare a gestire la struttura e una classe politica pronta ad assecondarli, che proprio colui che, negli anni ’90 in qualità di sindaco, affidò la gestione della struttura ad un insieme di associazioni del quartiere oggi proponga di affidarla alle parrocchie.

Sia chiaro, il problema non sono gli enti religiosi che, giustamente, necessitano di spazi per le loro attività e per questo "stimolano" gli amministratori a farsi carico delle loro istanze. Il problema è che troppo spesso la classe politica locale sembra operare alcune scelte fondamentali per il quartiere in modo cieco, o forse guidate esclusivamente dal gradimento dell’elettorato che ruota attorno alle realtà cattoliche di assistenza sociale, senza analizzare le reali necessità del territorio, in una sorta di sudditanza psicologica. Questo modo di procedere, alla lunga, pare eclissare nel quartiere il senso della presenza dello Stato, già così difficilmente percettibile, quasi che questo abbia abdicato alle sue funzioni sociali delegandole sbrigativamente alla Chiesa perchè incapace esso stesso di esserne promotore. A farne le spese, negli anni, è la partecipazione civile degli abitanti della periferia sempre più sordi e disillusi che il cambiamento del proprio quartiere dipenda dal loro impegno per lo sviluppo dello stesso anche nel momento in cui bisogna scegliere i propri rappresentanti politici. Il neo-parroco della Risurrezione del Signore, don Salomone, ad esempio in un’intervista al settimanale "Tempi" rilasciata ad aprile del 2008, raccontava di essere stato il primo degli eletti alle votazioni per le primarie PD tenute nel quartiere ed affermava che il primo paradigma del quartiere è che il degrado inizia dove le istituzioni pubbliche sono presenti rimpiangendo i tempi in cui "almeno i politici promettevano posti di lavoro in cambio del voto".

Attualmente invece, più d’una associazione nel quartiere ha il problema di non potersi permettere l’affitto di una sede; alcune di queste negli anni hanno trovato un alloggio temporaneo nelle strutture gestite dagli enti religiosi, salvo ritrovarsi poi improvvisamente senza sede per motivi vari (a noi, prima come gruppo scout, poi come redazione del giornale, è già accaduto due volte). Da un paio di mesi la Rete delle Associazioni sta elaborando un progetto per la costituzione di una Casa delle Associazioni, un luogo in cui le realtà di volontariato sociale possanno riunirsi e lavorare insieme per lo sviluppo del quartiere. Ci auguriamo che questa proposta trovi degli interlocutori attenti.




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