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Servitù e grandezza della stampa antimafiosa

martedì 11 maggio 2010, di Riccardo Orioles

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Esistono in Sicilia numerosi giornalisti
liberi - per lo più non retribuiti, ma
spesso ad elevato livello di professionalità - e numerose piccole testate indipendenti,
sia su carta che su web. Nonostante
ciò, il livello dell’inforzmaione in Sicilia
è bassissimo e la grande maggioranza
della popolazione vive completamente
disinformata.

Il motivo più evidente è il monopolio
dell’editoria: i tre quotidiani dell’Isola, e
quasi tutte le televisioni, appartengono o
sono alleate a un unico editore, Mario
Ciancio. Sia il Giornale di Sicilia di Palermo
che La Sicilia di Catania hanno
una solida tradizione, diciamo così, non
antimafiosa. Il primo, in cinquant’anni di
onorato servizio, ha coperto da Salvatore
Giuliano ai banchieri Salvo; il secondo
anche recentemente si è pregiato di
ospitare opinioni dei Santapaola. Entrambi
vendono pochissimo, molto sotto
la media europea.

Il secondo motivo è l’irresponsabilità,
o peggio, degli imprenditori siciliani:
che non hanno mai concesso, nè mai -
probabilmente - concederanno pubblicità
alle testate estranee al monopolio. Personalmente,
ho fatto giornali in Sicilia per
quasi trent’anni (i Siciliani, Casablanca,
ora Ucuntu, passando per il versante siciliano
di Avvenimenti) e non sono mai
riuscito a vedere un soldo di pubblicità
da un industriale siciliano, compresi
quelli "progressisti".

E’ stato così che i Siciliani hanno dovuto
chiudere, pur vendendo molto di
più di qualunque loro omologo siciliano
(e a volte nazionale). Il nostro giornalismo,
di cui ora tutti riconoscono il valore
professionale e civile, è stato alimentato
a carne umana, coi sacrifici dei redattori
e la loro condanna alla miseria. E
anche oggi, ogni volta che chiedo qualcosa
ai nostri giovani (e bravi) redattori
non posso esimermi dal provare un senso
di colpa: non solo non riceveranno
nulla in cambio del loro lavoro, ma dovranno
anche pagarlo di persona.

Non si sottraggono alla norma gli
imprenditori finalmente antimafiosi di
oggi. L’esempio più eclatante è quello
della Confindustria siciliana (rielle al
pizzo ecc. ecc.) che per fare uno speciale
sull’economia siciliana non si rivolge
alle testate o ai giornalisti dell’antimafia
ma a Libero; col risultato di avere in prima
pagina, come modello di imprenditore
giovane e efficiente... un membro
della famiglia Ercolano.

Il terzo - e forse decisivo - motivo è
l’immaturità politica dei pur coraggiosissimi
antimafiosi siciliani; almeno di
quelli che fanno informazione. Bravi
professionalmente, riflessivi, devoti - ma
assolutamente privi di coordinamento fra
loro, e non solo per fatto tecnico ma proprio
per una cultura profonda
(siciliana...) che nega l’unità. "Cu joca
solu non perde mai", "A pignatta comune
mai bollì"... Non sono proverbi mafiosi:
sono proverbi siciliani, al cui senso
pochissimi siciliani, e certo quasi nessun
giornalista antimafioso, riesce in realtà a
sottrarsi.

Le non poche testate libere siciliane
assomigliano così a tante valorosissime
tribù indiane, ciascuna delle quali divende
con coraggio e spesso con successo la
propria valle, ma che rarissimamente riescono
a unirsi - e anche allora per poco
tempo - per affrontare insieme il nemico
comune: che è invece ordinatamente inquadrato
in plotoni, compagnie e reggimenti
e per questo vince.

L’unica eccezione, che io sappia, è la
rete di Lavori in corso, a Catania e Ragusa
(Ucuntu, il Clandestino, i Cordai, la
Periferica e altri pochi) che eredita la
cultura unitaria di Casablanca (i due
convegni "Sbavaglio" fra le testate siciliane)
che viene, a sua volta, dai tentativi
unitari dei Siciliani (non tutti), da Siciliani
Giovani, dalle testate locali che
ruotavano attorno ad essi negli anni ’90,
dai gruppi locali di Avvenimenti e dell’Alba,
ecc. Ma è una rete piccola e infelice,
stretta fra l’ambizione dell’obiettivo
(unire tutti) e la generosa avarizia degli
intelocutori, disponibili nei momenti solenni
o d’emergenza ma non nella banale
(e decisiva) routine quotidiana.

La Sicilia, fra le regioni d’Europa, è
quella con gli editori peggiori (monopolio,
collusioni) e i giornalisti migliori
(otto caduti sul dovere, numerosissimi
giovani venuti su, sul loro esempio, quasi
ad ogni nuova generazione). Eppure in
Sicilia il giornalismo libero continua ad
essere sconfitto e isolato: un po’ per colpa
dei cattivi ma molto per irresponsabità
dei buoni.

Pubblicato su Casablanca n.ro 30

1 Messaggio

  • Servitù e grandezza della stampa antimafiosa

    14 maggio 2010 10:05, di Enrico

    So comunque che proprio l’associazione "Lavori in corso" ha in fase avanzata il progetto di un giornale, non ricordo se quotidiano o settimanale, da distribuire sia in forma cartacea che digitale a livello nazionale.
    Sarebbe ora. E’ difficile rinunciare al proprio "brend", ma far confluire tutte le esperienze di informazioen liber in un unico canale è l’unico modo per non farle esaurire in avevnture splendide, gratificanti, ma destinate a fallire.




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