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Tutti solidali per Librino… grazie alla Fondazione per il sud

martedì 17 febbraio 2009, di Giovanni Giuffrida

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In Sicilia accadono a volte cose strane. Succede che a Librino, un quartiere alla periferia sud di Catania, ignorato per decenni dalle istituzioni e additato dalla stampa locale e non come il bronx siciliano, diventi per due mesi il centro di elaborazione e pianificazione di decine di progetti rivolti al sociale. Si potrebbe pensare che questo improvviso interesse per il quartiere sia dettato da un cambiamento nella società civile e nelle istituzioni oppure da un rinato senso civico della città, ma non è così che vanno le cose in Sicilia.

A Librino infatti è in gioco un finanziamento per circa 1.500.000,00 euro che fa gola a molti, soprattutto a chi con i progetti sociali ci lavora quotidianamente e ci campa.
Verrebbe da pensare che questa sia una grande possibilità per le decine di associazioni di volontariato, culturali e religiose che da anni operano a Librino, che vanno avanti con fatica rimettendoci per lo più di tasca propria: ma non è così che vanno le cose in Sicilia.

Infatti, per rendersi promotori di un progetto che possa aspirare a ricevere questi finanziamenti, e poter gestire il tutto in prima persona, occorre che l’associazione rientri in determinati parametri. Per esempio: occorre che la stessa sia stata costituita prima del 31 ottobre 2006 ed abbia sede legale e/o operativa nel quartiere prima di quella stessa data. Inoltre deve avere un solida situazione finanziaria rendicontata negli anni, dimostrando di aver gestito anche altri finanziamenti in passato.

Questi punti, se da un lato cercano di ridurre il più possibile speculazioni e lo sciacallaggio da parte di enti esterni al quartiere o da associazioni create ad hoc, dall’altro limitano le possibilità delle piccole associazioni già operanti nel quartiere. Quest’ultime infatti si trovano in una condizione di svantaggio perché costrette, se non in possesso di questi parametri (in particolare per la parte che riguarda la situazione finanziaria), a cercare un’associazione che risponda a queste caratteristiche con il quale unirsi ed essere promotrice di un progetto. Si finisce così spesso nel paradosso per cui a partecipare a questi bandi finalizzati allo sviluppo delle realtà svantaggiate siano proprio le realtà che già hanno una struttura finanziaria solida e che, forse meno di altre, hanno bisogno di sostegno.

Punto essenziale per partecipare a questo progetto è infatti quello di creare una rete di associazioni o enti, sempre avente sede legale e/o operativa nel quartiere, ed insieme realizzare un idea progettuale valida per il quartiere ed in special modo, mi viene da aggiungere, per i parametri della fondazione per il sud.

Non c’è quindi da meravigliarsi se ad una settimana dalla scadenza del progetto (avvenuta il 31 Gennaio 2009) un’associazione di Acireale, di dubbia provenienza, si faccia avanti cercando associazioni nel quartiere per aderire al loro progetto, seguita a ruota dall’invito di altri enti che propongono di partecipare alla loro iniziativa progettuale. Può anche accadere di essere contattati da un’azienda di sviluppo sociale di Ramacca che si rende disponibile ad assisterti ed a stilare il progetto in modo “professionale” ed a costi ragionevoli.

Insomma, parafrasando un vecchio proverbio siciliano “I muschi vannu unni si vinni a carni” (Le mosche vanno dove si vende la carne).

A parte quelle associazioni o enti che da tempo lavorano nel quartiere e che hanno presentato dei progetti (noi come giornale siamo tra questi), riteniamo che non ci si può interessare di un quartiere solo quando ci sono dei fondi in gioco. L’impegno nel sociale deve essere costante e duraturo affinché possa dare dei frutti a lungo andare.

Per questo motivo, i primi, se non gli unici, beneficiari di questi finanziamenti devono essere coloro che per anni hanno dato senza mai ricevere alcun sostegno se non qualche porta sbattuta in faccia o una pacca sulla spalla, accompagnata a volte da un “bravo, continua così”.
In Sicilia accadono a volte cose strane. Forse anche troppo spesso.




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