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Provincia di Catania e Confagricoltura contro l’aranciata senza arancia

martedì 7 aprile 2009

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Sembrano aranciata o limonata perchè ne hanno il colore e l’aroma, ma in realtà non hanno nemmeno una goccia di agrumi. Il testo, approvato dal Senato e che ora passa alla Camera, prevede infatti l’abrogazione dell’articolo 1 della legge 286 del 1961 secondo cui le bevande analcoliche vendute con denominazioni di fantasia non possono essere colorate se non contengono anche succo di agrumi in misura non inferiore al 12%.

Contro la norma sono scesi in campo, il presidente della Provincia regionale di Catania, on. Giuseppe Castiglione, l’assessore regionale all’Agricoltura, Giovanni La Via, i deputati regionali D’Asero, Di Guardo, Limoli, Scammacca e il parlamentare nazionale Gibiino, oltre ai rappresentanti regionali e provinciali di Confagricoltura. «Queste bibite sono previste dalla legge europea e ogni anno si rischia di ritrovarsele in Italia con il passaggio in Parlamento del disegno di legge comunitaria – ha dichiarato Giuseppe Castiglione –.

Finora i deputati avevano sempre detto no alla norma “anti-vitamina C”, che prevede la cancellazione della percentuale minima del 12% di succo di agrumi per le bibite analcoliche colorate, e di certo – ha sottolineato non si può parlare di errore materiale, quando in gioco si ha la difesa della qualità e delle nostre produzioni. Il comparto agrumicolo – ha continuato il presidente Castiglione – ricopre una posizione strategica nell’economia della nostra regione e in particolare per la provincia di Catania, tanto per quantità, quanto, soprattutto, per l’elevata qualità e tipicità che caratterizza le sue produzioni. Evitare il via libera alle bevande “al gusto” o “al sapore” di arancia senza arance – ha aggiunto – è un atto di tutela al diritto di un’informazione trasparente sugli alimenti acquistati e, al tempo stesso, alla salute, poiché la sostituzione del succo con aromi e coloranti non è certo una pratica sana. Peraltro, l’eliminazione totale della soglia del 12 per cento farebbe sparire dal consumo circa 120 milioni di chili di arance all’anno prodotti in 6.000 ettari di agrumeti, con danni evidenti per consumatori e produttori. Sarebbe inaccettabile – ha proseguito il presidente – penalizzare, in un momento di crisi come questo, un comparto portante dell’economia agricola nazionale e, in particolare, del Mezzogiorno d’Italia come quello della produzione di agrumi. Il limite di succo di frutta piuttosto – ha concluso Castiglione – dovrebbe essere elevato per fornire maggiori proprietà benefiche e nutritive ai nostri cittadini e maggiore forza alle nostre produzioni».

«È importante che la legge non passi – ha dichiarato l’assessore La Via –. Il danno sarebbe rilevante perchè la produzione di circa seimila ettari non avrebbe destinazione possibile ma soprattutto il danno sarebbe legato all’industria di trasformazione degli agrumi, che è quella che utilizza il prodotto di calibro inferiore che non può essere avviato al consumo fresco. Ho scritto immediatamente una lettera – ha aggiunto La Via – a tutti i deputati del Sud Italia per chiedere con forza che venga abrogato questo testo. Già – ha sottolineato – l’aliquota del 12% di succo è un’aliquota molto bassa, che dovrebbe essere incrementata». L’assessore regionale all’Agricoltura ha rilanciato anche un’iniziativa politica sui regimi fiscali: «Oggi il succo naturale di agrumi viene sottoposto a un’aliquota del 20%, con una tassazione di gran lunga superiore a pane, pasta, carne, che, invece, si fermano al 4%. Non c’è motivo perché il succo naturale al 100% venga tassato in maniera superiore agli altri».

Sull’argomento è intervenuto anche Alessandro Scuderi, presidente del Consorzio Arance rosse di Sicilia: «Tutto ciò che ha fatto il Consorzio per la tutela del prodotto fresco deve essere portato avanti anche con le bevande, affinché si evitino inganni al consumatore». Presente il gruppo rappresentativo del consiglio di Confagricoltura provinciale, accompagnato dal presidente Arturo Castrogiovanni e dal presidente regionale Gerardo Diana, secondo cui: «Azzerare per legge la possibilità di utilizzare, almeno in minima parte, i succhi di agrumi per la preparazione delle bevande significa togliere una ulteriore possibilità economica ai produttori e far scomparire definitivamente una parte significativa dell’industria siciliana. Per evitare di creare altra confusione, domani potrebbe toccare alla bevande a base di caffè o thè o ad altri generi alimentari, – ha evidenziato Diana – sarebbe più semplice che l’euroburocrazia pensasse ad introdurre una nuova denominazione per questa gamma di prodotti: la più logica sarebbe quella di “acqua al colore di …».




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