Davide Pistani, 34 anni, da Librino al servizio dell’Abruzzo
lunedì 22 giugno 2009, di
Vota quest'articoloQuando incontro Davide, volontario della Misericordia di San Leone, noto subito un vistoso collare medico al collo, ricordo di un piccolo incidente avuto al suo ritorno dal servizio in Abruzzo. Gli squilla il telefono, è il presidente della Misericordia di San Leone, l’associazione per il quale svolge il suo servizio volontario, che gli chiede di coprire un turno di servizio al centralino.
Davide, da quanto tempo vivi a Librino?
Da circa 20 anni, avevo 14 anni quando ci siamo trasferiti in questo quartiere. Prima, con la mia famiglia, abitavamo presso la base di Maristaeli in quanto mio padre era in Marina Militare.
Come vedi oggi il quartiere?
Mi trovo bene, in 5 minuti arrivi al centro della città. Lavoro saltuariamente a tempo determinato in un centro commerciale e per questo vivo con i miei. Ma anche se fossi economicamente indipendente mi piacerebbe vivere qui a Librino. Il quartiere potrebbe migliorare soprattutto per quanto riguarda la sicurezza. Le volanti non si vedono molto spesso e le ronde militari le vedi solo al centro, ma mai in questo quartiere.
Com’è stato l’impatto di Davide, 14enne, con Librino?
Inizialmente l’impatto è stato molto negativo. A Maristaeli avevo molte comodità, l’autobus militare mi accompagnava a scuola, mentre a Librino dovevo prendere 2 autobus dell’AMT. E soprattutto non conoscevo nessuno. Il primo anno è stato molto duro.
E poi?
Poi ho cominciato a frequentare il gruppo giovanile che si era formato nella parrocchia Risurrezione del Signore iniziando a conoscere nuove persone. Dopo qualche mese, alcuni dei miei amici, mi hanno proposto di seguire con loro un corso della Misericordia di San Leone, e così mi sono iscritto.
Da allora hai seguito tutto l’iter, come si svolge?
Il corso dura 3 mesi e si conclude con dei test sul corso stesso, l’esame teorico e pratico seguito da un periodo di praticantato di un paio di mesi alla fine del quale si diventa soccorritore di primo livello iscritto all’albo delle Misericordie. Successivamente ho anche seguito il corso OVAS diventando soccorritore di secondo livello e il corso BLS (Basic Live Support) per la rianimazione cardiopolmonare, tramite il quale sei abilitato ad utilizzare il defibrillatore semiautomatico.
Con queste competenze il mese scorso sei partito per l’Aquila, raccontaci questa esperienza.
Il coordinamento di protezione civile stabilisce di volta in volta le squadre di volontari che devono partire per l’emergenza. Io sono partito il 12 Maggio con la squadra della Misericordia di San Leone composta da 2 autisti, 2 soccorritori, 1 medico e 1 infermiere, ci siamo uniti al gruppo composto da una settantina di volontari in tutto provenienti da Catania e provincia. Con i mezzi in autocolonna ci siamo spostati a Palermo e da lì abbiamo traghettato fino a Napoli, ripartendo poi nuovamente fino a l’Aquila dopo una sosta a Roma, infine siamo arrivati a Palombaia di Tornimparte (10 km da l’Aquila).
Che situazione hai trovato?
Le persone erano sotto shock. A Tornimparte le case erano agibili al 90% e le persone andavano a casa la mattina, ma nonostante le case fossero abitabili le persone preferivano dormire in tenda a causa dello shock. Nei 10 giorni che sono rimasto lì del resto ci sono state diverse scosse, una in particolare l’ho avvertita molto chiaramente. Alcuni volontari avevano delle macchine proprie e abbiamo avuto la possibilità di vedere le case e anche Onna. L’Aquila era una città fantasma, solo vigili, carabinieri, nessun abitante, neppure cani o gatti. Immagina come vedere la via Etnea o via Umberto senza neanche un’anima viva.
In cosa consisteva la vostra attività al campo?
Appena arrivati la protezione civile ci ha assegnato la nostra tenda e i vari compiti nel campo che era composto di circa 300 persone di Tornimmparte e alcune frazioni limitrofe. Io avevo servizio sanitario al pma (posto medico avanzato). Nelle 8 ore di turno, insieme a un medico e a un infermere, svolgevamo servizio sanitario al campo.
Il resto delle ore come le passavate?
In un certo senso eravamo sempre in servizio. Con altri volontari, ad esempio, nel tempo libero abbiamo trovato una tenda adibita a ludoteca e abbiamo organizzato una specie di animazione per i bambini del campo, una decina circa, di età tra i 4 e i 12 anni.
Cosa facevate per questi bambini?
Li facevamo disegnare, colorare, giocare al Gioca jouer. Per loro non c’era molto da fare al campo, specie quando non c’era scuola, anche perchè di mattina non si poteva stare in tenda per il caldo.
C’è qualche episodio della tua esperienza al campo che ricordi particolarmente?
Si, un giorno giravo tra le tende con l’infermere per la misurazione della pressione agli anziani, quasi tutti dormono in un lettino da campo. Mi ha fermato una coppia di vecchietti, lui non poteva dormire la notte perchè quando c’è stato il terremoto un muro gli è caduto addosso ed essendo dolorante non riusciva a prendere sonno nel lettino da campo. Avevano fatto richiesta per un materasso ortopedico ma ancora non era arrivato. Ho fatto un giro nei container e ho trovato un letto con doghe e materasso ancora imballato. Ho chiesto al responsabile se potevo prenderlo e, insieme ad un mio collega, abbiamo subito portato il letto alla coppia di anziani. Mi hanno ringraziato e abbracciato. Finalmente potevano dormire.
Un bilancio di questa esperienza.
Siamo rimasti in tutto 8 giorni più 2 giorni di viaggio. Tutto era ben organizzato ma per molti della protezione civile era la prima esperienza sul campo; le esercitazioni non sono la stessa cosa della realtà. Ho trovato comunque molte persone in gamba, simpatiche e disponibili. Io credo che ci vorrà molto tempo per ricostruire. Una cosa è dare degli alloggi, altra cosa è ricostruire una città. Io credo ci vorrà molto tempo.
Come intitoleresti questa intervista?
Un’esperienza umanamente unica.